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lunedì 20 febbraio 2012

Celentanni di Sanremo

Celentanni di Sanremo Paperblog

Il sale sulla coda degli anni 60, al ragazzino si spegneva d'immenso la fantasia mentre la zitella della dottrina gli ripeteva che l'Inferno sarebbe durato tutto il tempo per svuotare gli oceani con un cucchiaino da caffè, contato i granelli di sabbia e spolverato il Gran Sasso con un fazzoletto. Prima ancora, in braccio alla mamma, un accordo “fortissimo” dell'organo a canne lo aveva spaventato così tanto, che cominciò a vedere ovunque, pure nei sogni intraducibili in incubi per un bambino, i fantasmoni neri dalle gonne svolazzanti ad agitare il dito magico della reprimenda degli uomini con la tonaca e il loro capo, con la fascia rossa sulla pancia, che lo vedevi solo alla processione di Pasqua. Eppure, qualche nota stonata la sentiva. Ci sono montagne più grandi degli Appennini. L'Inferno non dura per tutti lo stesso tempo. Le prime ingiustizie subite su questa terra.
La nevicata del '12, chi non se la ricorda. In televisione (un elettrodomestico molto in voga, all'epoca) c'era Celentano, al Festival di Sanremo. Se la prese con alcuni giornali, disse che era meglio se chiudevano. E giù con le critiche, i distinguo e i moniti, alti e bassi, provenienti da tutte le parti, sulla libertà di stampa. Quante risate. Ma all'epoca era difficile spiegare che forse a qualche fetta della popolazione iniziava a stare stretto vedere un presidente, un governante, discutere seriamente dei problemi economici e sociali, di crisi mondiale e lavoro, con persone con la sottana, vestite come il mago Otelma e le donne con divieto assoluto di officiare, nascoste in un burqa, senza la mascherina per le mosche sugli occhi, nonostante le omelie liturgiche fossero una vetta dell'allora vicariato. La messa non era un semplice rito officiato. Comunque, se dicevi qualcosa sui i taumaturghi e i loro organi di stampa finanziati dai denari pubblici, non eri d'accordo sul ripagare a prescindere dal successo editoriale qualcosa che sul mercato non si reggesse da sola, si diveniva per tutti “Il re degli ignoranti”. A nulla sarebbero valse le spiegazioni sulle differenze fra chi invocava la sparizione di ciò che non si gradiva, dalla censura imposta istituzionalmente dagli organi preposti. Ma la confusione era anche ingenerata da un ingranaggio complicato, allora si chiamava “spot promozionale”, un linguaggio di suoni, segni e parole a sublimare dalla concorrenza alcuni prodotti dagli altri. Non era percepita come un diritto, la scelta di criticare ciò che non piace e sconsigliarne l'acquisto. Neppure nel pieno rispetto delle norme sulla pubblicità comparativa. Questa rivista non è buona, dal titolo sembra che voglia trattare certi argomenti, invece fa altro. Non la comprate.
In occasione della Centesima Edizione del Festival della Canzone italiana di Sanremo, il grande evento atteso, quello che fu, cinquant'anni fa, del presidente Gorbaciov.
Siete così tanti, chissà cosa avrete da chiedermi! Ride nel suo ologramma, il Pontifex maximus, espanso da un beam-expander nell'affollatissima sala stampa del Teatro Ariston, ha l'aria sorniona e soddisfatta di chi è riuscito a mettere a segno un buon colpo e non ne fa mistero: "Come avrete notato anche se sono al Festival mi sono occupato di quello che preferisco, la politica. Non amo assumere il ruolo di Gesù. Non farò delle prediche. Però: in questo confronto che abbiamo con il futuro, difficilmente ci può essere qualcuno davvero pronto e preparato. Non solo i politici, ma anche gli scienziati, tutti abbiamo difficoltà a capire dove stiamo andando. Fondamentalmente credo che sia importante che la gente cerchi di unirsi, la coesione può permettere di trovare non una fede ma una certezza di progresso”.
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